Il private credit market: numeri che fanno paura

 
                                    

Anche questa mattina ci spostiamo dal tema dell’azionario, dell’euforia da AI e relativa bolla, e parliamo di un tema piuttosto caldo, che potrebbe generare delle sorprese negative nei prossimi mesi, trimestri.

Mi riferisco alle problematiche connesse al private credit market, mercato opaco, fatto di prestiti emessi a favore di aziende da parte di fondi privati su cui investono investitori istituzionali quali fondi pensione e assicurazioni.

 

Ciò che rende “speciali” questi prodotti è proprio la problematica di cui vi voglio parlare oggi: l’opacità, la scarsa trasparenza.

Fondi pensione ed assicurazioni sono attratti da questi investimenti perché’ consentono loro di non preoccuparsi del mark to market. Le quotazioni dei fondi rimangono piuttosto stabili (a volte nemmeno quotano) e a fronte dell’investimento, gli investitori istituzionali percepiscono un interesse interessante, quello del prestito erogato dal fondo alle società, al netto delle solite commissioni di gestione.

 

Il meccanismo ha funzionato molto bene in tempi di tassi prossimi allo zero. Investire in questi fondi consentiva di ottenere rendimenti addizionali senza sporcare troppo i portafogli, in cui le righe dedicate a questi fondi rimanevano li, ferme, senza sbalzi tra rosso e verde.

 

Ma poi è arrivato il processo di rialzo inarrestabile dei tassi, processo che ha riguardato tutti i paesi del mondo, senza lasciare scampo ad alcuna di queste società. Rimborsare i prestiti cosi come pagare gli interessi ad essi legati è diventato sempre più oneroso e difficile.

E allora nasce un problema, quello della solvibilità delle aziende che hanno ottenuto i prestiti e quello della valutazione corretta di questi prestiti.

 

Possiamo dirlo senza peli sulla lingua. Sul tema valutativo regna il caos totale. Lo stesso prestito erogato alla stessa società viene valutato in modi completamente differenti da fondi diversi. Il prestito erogato a Magenta Buyer, veicolo di emissione di una società di cybersecurity a settembre quotava al massimo 79 presso un private lender e 46 centesimi di dollaro presso un altro private lender, una valutazione da distressed debt. Il prestito erogato a HDT, società del settore Aerospace, è stato valutato a 85 centesimi di dollaro da un lender e a 49 centesimi di dollaro da parte di una altro lender.

 

Ed i casi sono numerosi ed evidenziano tutti un elevatissimo grado di opacità nelle valutazioni, opacità che porta ad una conclusione semplice: è impossibile valutare i portafogli dei private credit funds. Le loro valutazioni sono praticamente farlocche.

 

Ma noi vogliamo essere ottimisti e pensare che, nonostante le valutazioni siano tutte molto differenti tra loro, alla fine i debitori onoreranno i propri debiti.

Saremmo degli illusi. Non sarà cosi. E qualche red flag inizia a farsi vedere all’orizzonte. Una tra queste è l’incremento in modo significativo dei c.d. Payment in Kind (PIK). Trattasi in sostanza di accordi con cui la società che ha ricevuto il prestito si accorda con il creditore per avere una diluizione del pagamento degli interessi, impegnandosi a pagarli nel settlement finale del prestito. E’ una specie di “paghero’” sulla quota interessi che ovviamente è segnale di una situazione di stress finanziario in cui verte l’azienda.

 

Aspetto interessante, meglio dire preoccupante, è che anche dopo la sigla di tali accordi di PIK, i debiti oggetto dell’accordo continuano ad essere valutati dai private funds in modo molto generoso. Analisi condotte dalla società di ricerca Solve mostrano che a fine  settembre circa il 75% dei PIK Loans nei portafogli dei private funds erano valutati a 95!

 

Il processo di valutazione di tali prestiti è talmente opaco e bizzarro che sta richiamando l’attenzione dei regulators. In alcuni casi, infatti, è possibile valutare il fair price di questi prestiti perché’ essi sono anche quotati nei public markets.

Si prenda l’esempio del prestito erogato da Carlyle group Inc a TrueGreen, un lawn treatment specialist. Tale prestito era valutato 95 c nel bilancio di Carlyle a settembre. Esso differisce in modo significativo rispetto al prezzo di 70c a cui trattava il prestito sul mercato e come tale valutato da fondi di investimento.

 

Ed ovviamente, il caso di TrueGreen e’ solo uno dei tanti casi di cui mostriamo qualche esempio qua sotto.

 

 

Ma le differenze di valutazione dello stesso prestito si notano anche tra fondi privati differenti. E’ il caso del prestito erogato alla societa’ Thrasio, societa’ del mondo e-commerce. Tale prestito viene valutato a 65 da Bain Capital, a 79 da Oaktree Capital Management. Due fondi diversi di Black Rock lo valutano in modo differente. Uno a 71c e l’altro a 75c. Monroe capital lo valuta a 84 per finire con Goldman Sachs che lo valuta a 59c. E’ il caos.

 

Ma la domanda chiave alla fine di questo report è questa: di che numeri stiamo parlando?

La risposta è: 1.7 trillioni di USD. Quanto basta per preoccuparsi.