In peggioramento lo “status” del consumatore USA
La situazione del consumatore statunitense risulta estremamente complessa e in preoccupante peggioramento, con difficoltà economiche che coinvolgono soprattutto le fasce di reddito medio-basso. Sebbene il dibattito tra investitori ed economisti sia principalmente rivolto verso l’andamento del mercato azionario e la crescita del PIL, emergono chiaramente segnali allarmanti di un forte stress finanziario che potrebbe preannunciare una prossima recessione.
Un elemento centrale di questa crisi è rappresentato dal livello record di indebitamento delle famiglie americane. Nel terzo trimestre del 2024, il saldo delle carte di credito revolving ha raggiunto 645 miliardi di dollari, segnando un aumento del 52,5% rispetto ai minimi registrati nel 2021. Inoltre, il tasso di insolvenza per pagamenti superiori ai 30 giorni ha raggiunto il 3,52%, un valore più che doppio rispetto al minimo storico segnato durante la pandemia nel 2021 (1,57%). Preoccupano in particolare i dati delle società di credito “subprime” come Capital One e Discovery, che riportano i tassi di “charge-off” (debiti considerati non recuperabili) più alti dai tempi della crisi finanziaria del 2008.
Questi fenomeni generano un circolo vizioso nel sistema finanziario: il deterioramento della qualità creditizia induce le banche a restringere ulteriormente i criteri di prestito, diminuendo così l’accessibilità al credito per le famiglie già in difficoltà. A conferma di ciò, l’erogazione di nuovi mutui ipotecari rimane su livelli estremamente bassi a causa di tassi di interesse particolarmente elevati, che scoraggiano sia il rifinanziamento dei mutui esistenti sia l’acquisto di nuove abitazioni.
Le conseguenze dirette si vedono chiaramente anche attraverso le testimonianze raccolte dalle recenti trimestrali delle principali aziende americane. I CEO di importanti società come Kohl’s e Dollar General evidenziano come la capacità di spesa discrezionale delle famiglie con redditi inferiori ai 100.000 dollari annui sia significativamente ridotta. Sempre più famiglie ricorrono a strategie di “trade-down”, ovvero il passaggio all’acquisto di prodotti più economici e strettamente necessari, rinunciando a molti beni e servizi non essenziali. Questo andamento viene confermato anche da aziende come Advance Auto Parts e Bath & Body Works, che hanno registrato una debolezza persistente nelle vendite discrezionali.
Altri settori come la grande distribuzione, la ristorazione e i servizi di manutenzione mostrano una contrazione sensibile dei consumi. Il comportamento generale dei consumatori si orienta sempre più verso il rinvio di acquisti non urgenti o verso una rigorosa ricerca di offerte promozionali e sconti. Giganti come Walmart e Target testimoniano un atteggiamento estremamente prudente da parte dei consumatori, altamente sensibili al prezzo e costretti a sacrificare addirittura beni di prima necessità a causa dell’ambiente inflazionistico.
Al momento, l’unica fascia di consumatori che sembra reggere è quella ad alto reddito, principalmente grazie agli effetti positivi sul patrimonio derivanti dai buoni risultati ottenuti dai mercati azionari negli anni recenti. Tuttavia, anche questo gruppo comincia a mostrare segnali di cautela, soprattutto a fronte di una recente contrazione dei mercati finanziari che potrebbe erodere il patrimonio e ridurre la capacità di spesa, estendendo così la crisi anche ai segmenti più elevati.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs, la situazione potrebbe migliorare solo se alcuni fattori macroeconomici critici, come l’inflazione elevata e l’incertezza derivante dai dazi commerciali, iniziassero a mostrare segnali di stabilizzazione. Tuttavia, se l’attuale scenario dovesse persistere o peggiorare, la probabilità di una recessione economica negli Stati Uniti diventerebbe molto elevata.
In conclusione, il consumatore americano sta affrontando un momento di estrema vulnerabilità economica, caratterizzato da un indebitamento crescente, risparmi ai minimi storici e un potere d’acquisto continuamente eroso dall’inflazione persistente. Considerato che i consumi rappresentano circa il 70% della crescita economica degli Stati Uniti, un ulteriore deterioramento di queste condizioni potrebbe rapidamente portare l’economia USA verso una recessione conclamata.