Mercati azionari: abbiamo visto il bottom?
Negli ultimi giorni, i mercati finanziari hanno vissuto uno dei crolli più veloci e violenti dalla crisi del Covid. Titoli come Tesla sono scesi di oltre il 50% dai massimi, e il Nasdaq è entrato in una zona di “ipervenduto”, cioè è sceso così tanto da trovarsi su livelli da cui solitamente rimbalza. Alcuni analisti, tra cui quelli di JPMorgan e Goldman Sachs, pensano infatti che sia vicino un rimbalzo (una ripresa temporanea), anche se c’è chi avverte che potrebbe essere solo un “sollievo” momentaneo prima di nuove discese.
I settori che hanno perso di più — come i titoli più speculativi e volatili, quelli amati dai piccoli investitori — stanno iniziando a risalire. Questo perché sembrano diminuire le tensioni sui dazi (la guerra commerciale) e si parla di possibili accordi per un cessate il fuoco in Ucraina. Inoltre, l’economia americana, pur in rallentamento, non sta ancora cadendo a picco: i dati sul lavoro e sui prezzi (inflazione) sono solidi.
Anche se molti fondi speculativi (hedge funds) hanno subito grosse perdite nelle ultime settimane e non stanno tornando aggressivamente sul mercato, i piccoli investitori (i retail) hanno già iniziato a comprare di nuovo i loro titoli preferiti come Nvidia, Tesla, Netflix e Ford. Goldman Sachs conferma che i clienti retail stanno tornando con forza a investire in azioni.
Nel frattempo, alcuni hedge funds stanno recuperando terreno grazie ai rimbalzi degli ultimi giorni, specialmente quelli che puntavano su titoli molto amati e venduti nelle scorse settimane. Tuttavia, secondo JPMorgan, il mercato resta fragile. Negli Stati Uniti, molti fondi hanno già ridotto le loro posizioni, ma non abbastanza da parlare di una vera e propria “capitolazione” (cioè la fase in cui gli investitori, spaventati, vendono tutto). In Europa invece, la riduzione di investimenti è stata molto più violenta negli ultimi giorni. In Asia, invece, la situazione è stata più tranquilla, con pochi movimenti di vendite forzate.
Nonostante tutto, ci sono segnali che lasciano pensare che non siamo ancora al fondo. Per esempio, gli analisti fanno notare che:
- I danni economici della guerra dei dazi e delle tensioni (chiamati “effetti DOGE”) non sono ancora visibili nei dati ufficiali, quindi l’impatto sui consumi e sulle imprese potrebbe arrivare più avanti.
- Il mercato dei bond non sta ancora prezzando una vera recessione: infatti, se ci fosse il rischio concreto di recessione, ci si aspetterebbero tagli ai tassi d’interesse della Fed molto più ampi (circa 200 punti base), mentre ora si prevedono tagli minori (71 punti base).
- Proteggersi dal rischio (acquistare opzioni o strumenti per guadagnare se il mercato scende) è ancora poco costoso rispetto ad altri momenti di crisi: significa che molti investitori non credono che siamo già in piena crisi.
- Gli spread del credito, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli a rischio e quelli più sicuri, sono ancora bassi, segno che il costo di finanziarsi per le aziende non è ancora salito tanto. Se si allargassero molto, sarebbe un segnale forte di problemi nell’economia reale.
- Le probabilità di recessione, secondo le stime ufficiali, sono ancora basse (circa 20%), quindi il mercato non sta davvero scontando un collasso imminente.
In sintesi, potremmo assistere a un rimbalzo di breve periodo perché molti titoli sono stati venduti in modo eccessivo e ci sono alcune notizie “positive” (come le tensioni sui dazi che forse si allentano). Tuttavia, i rischi restano molto alti, perché gli effetti negativi sull’economia potrebbero emergere più avanti, e se ciò accadesse, potremmo vedere un’altra ondata di vendite sui mercati.