Le tensioni da finanziamento esterno negli USA: un segnale da non sottovalutare
Le tensioni da finanziamento esterno negli USA: un segnale da non sottovalutare
Contesto
L’inasprimento della guerra commerciale da parte dell’amministrazione Trump ha innescato una dinamica di mercato anomala per gli Stati Uniti: contemporaneo rialzo dei tassi sui Treasury e indebolimento del dollaro. Una configurazione tipica dei mercati emergenti in tensione da bilancia dei pagamenti (BoP), ma inusuale per la principale economia globale.
Cosa sta succedendo?
Il disallineamento tra rendimenti e cambio suggerisce che l’economia americana sta sperimentando deflussi netti di capitali. Le spiegazioni tecniche – come le vendite di Treasury da parte della PBoC o lo smantellamento delle posizioni sul Treasury basis trade – sono solo parziali. Il problema è strutturale: l’elevato doppio deficit (pubblico e delle partite correnti) rende gli USA sempre più dipendenti da finanziatori esteri.
Cosa cambia oggi rispetto al passato?
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Le banche centrali straniere, un tempo acquirenti strutturali di Treasury, oggi mantengono solo lo stock pregresso.
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Il fabbisogno di capitale estero USA è oggi coperto principalmente da investitori privati (azioni e FDI), più volatili e sensibili al rischio politico e ciclico.
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Il Net International Investment Position (NIIP) degli USA si è deteriorato ulteriormente, con un crescente squilibrio tra attivi e passivi finanziari verso l’estero.
Quali scenari?
L’aggiustamento di queste tensioni può avvenire in due modi:
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Correzione interna, con riduzione del deficit fiscale e delle importazioni per riequilibrare i flussi esterni (scenario più probabile secondo Crédit Agricole CIB).
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Crisi valutaria, con fuga di capitali e svalutazione più accentuata del dollaro, stile mercati emergenti (scenario limite, ma non più impensabile).
Implicazioni operative
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Attenzione all’evoluzione del dollaro: la correlazione inversa con i tassi è un segnale di fragilità strutturale.
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Rischio crescente per asset USA con esposizione al capitale estero, in particolare azioni growth e tech che hanno beneficiato di flussi globali.
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Opportunità nei bond governativi esteri di economie con surplus esterni, che potrebbero tornare ad essere visti come ‘nuovi safe haven’.